Monday, February 28, 2005

[Radicali] Pasolini: lo scandalo radicale

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Archivio Partito radicale
Pasolini Pier Paolo - 1 novembre 1975
Lo scandalo Radicale
Pier Paolo Pasolini

Sommario: Pubblichiamo il testo dell'intervento che Pier Paolo Pasolini
avrebbe dovuto tenere al Congresso del Partito radicale del novembre
1975. Poté essere solo letto, davanti ad una platea sconvolta e muta,
perché due giorni prima Pasolini moriva ucciso. C'è un grave pericolo -
ci avverte il poeta e saggista - che incombe sul Partito radicale
proprio per i grandi successi ottenuti nella conquista dei diritti
civili. Un nuovo conformismo di sinistra si appresta ad appropriarsi
della vostra battaglia per i diritti civili »creando un contesto di
falsa tolleranza e di falso laicismo . Proprio la cultura radicale dei
diritti civili, della Riforma, della difesa delle minoranze sarà usata
dagli intellettuali del sistema come forza terroristica, violenta e
oppressiva. Il potere insomma si accinge ad »assumere gli intellettuali
progressisti come propri chierici . La previsione di Pasolini si è
avverata, non solo in Italia, ma nel resto della società occidentale
dove, proprio in nome del progressismo e del moderni

smo, si è affermata una nuova classe di potere totalizzante e
trasformista, di certo più pericolosa delle tradizionali classi
conservatrici. »Contro tutto questo - concludeva Pasolini - voi non
dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi
stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili.
Dimenticate subito i grandi successi e continuate imperterriti,
ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi
col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.

("Numero unico" per il 35· Congresso del Partito Radicale - Budapest
22-26 aprile 1989 - Edizioni in Inglese, Ungherese, Serbo Croato)

Prima di tutto devo giustificare la presenza della mia persona qui. Non
sono qui come radicale. Non sono qui come socialista. Non sono qui come
progressista. Sono qui come marxista che vota per il Partito Comunista
Italiano, e spera molto nella nuova generazione di comunisti. Spera
nella nuova generazione di comunisti almeno come spera nei radicali.
Cioè con quel tanto di volontà e irrazionalità e magari arbitrio che
permettono di spiazzare - magari con un occhio a Wittgenstein - la
realtà, per ragionarci sopra liberamente. Per esempio: il Pci ufficiale
dichiara di accettare ormai, e sine die, la prassi democratica. Allora
io non devo aver dubbi: non è certo alla prassi democratica codificata e
convenzionalizzata dall'uso di questi tre decenni che il Pci si
riferisce: esso si riferisce indubbiamente alla prassi democratica
intesa nella purezza originaria della sua forma, o, se vogliamo, del suo
patto formale.

Alla religione laica della democrazia. Sarebbe un'autodegradazione
sospettare che il Pci si riferisca alla democraticità dei democristiani;
e non si può dunque intendere che il Pci si riferisca alla
democraticità, per esempio, dei radicali.

Paragrafo primo.

A) Le persone più adorabili sono quelle che non sanno di avere dei
diritti. B) Sono adorabili anche le persone che, pur sapendo di avere
dei diritti, non li pretendono o addirittura ci rinunciano. C) Sono
abbastanza simpatiche anche quelle persone che lottano per i diritti
degli altri (soprattutto per coloro che non sanno di averli). D) Ci
sono, nella nostra società, degli sfruttati e degli sfruttatori. Ebbene,
tanto peggio per gli sfruttatori. E) Ci sono degli intellettuali, gli
intellettuali impegnati, che considerano dovere proprio e altrui far
sapere alle persone adorabili, che non lo sanno, che hanno dei diritti;
incitare le persone adorabili, che sanno di avere dei diritti ma ci
rinunciano, a non rinunciare; spingere tutti a sentire lo storico
impulso a lottare per i diritti degli altri; e considerare, infine,
incontrovertibile e fuori da ogni discussione il fatto che, tra gli
sfruttati e gli sfruttatori, gli infelici sono gli sfruttati.

Tra questi intellettuali che da più di un secolo si sono assunti un
simile ruolo, negli ultimi anni si sono chiaramente distinti dei gruppi
particolarmente accaniti a fare di tale ruolo un ruolo estremistico.
Dunque mi riferisco agli estremisti, giovani, e ai loro adulatori
anziani. Tali estremisti (voglio occuparmi soltanto dei migliori) si
pongono come obiettivo primo e fondamentale quello di diffondere tra la
gente direi, apostolicamente, la coscienza dei propri diritti. Lo fanno
con determinazione, rabbia, disperazione, ottimistica pazienza o
dinamitarda impazienza, secondo i casi (...)

Paragrafo secondo

Disobbedendo alla distorta volontà degli storici e dei politici di
mestiere, oltre che a quella delle femministe romane - volontà che mi
vorrebbe confinato in Elicona esattamente come i mafiosi a Ustica - ho
partecipato una sera di questa estate a un dibattito politico in una
città del Nord. Come sempre poi succede, un gruppo di giovani ha voluto
continuare il dibattito anche per strada, nella serata calda e piena di
canti. Tra questi giovani c'era un greco. Che era, appunto, uno di
quegli estremisti marxisti »simpatici di cui parlavo. Sul suo fondo di
piena simpatia, si innestavano però manifestamente tutti i più vistosi
difetti della retorica e anche della sottocultura estremistica. Era un
»adolescente un po' laido nel vestire; magari anche addirittura un po'
scugnizzo: ma, nel tempo stesso, aveva una barba di vero e proprio
pensatore, qualcosa tra Menippo e Aramis; ma i capelli , lunghi fino
alle spalle, correggevano l'eventuale funzione gestuale e magniloquente
della barba, con qualcosa di esotico e ir

razionale: un'allusione alla filosofia braminica, all'ingenua alterigia
dei gurumparampara. Il giovane greco viveva questa sua retorica nella
più completa assenza di autocritica: non sapeva di averli, questi suoi
segni così vistosi, e in questo era adorabile esattamente come coloro
che non sanno di avere diritti... Tra i suoi difetti vissuti così
candidamente, il più grave era certamente la vocazione a diffondere tra
la gente (»un po' alla volta , diceva: per lui la vita era una cosa
lunga, quasi senza fine) la coscienza dei propri diritti e la volontà di
lottare per essi. Ebbene; ecco l'enormità, come l'ho capita in quello
studente greco, incarnata nella sua persona inconsapevole. Attraverso il
marxismo, l'apostolato dei giovani estremisti di estrazione borghese -
l'apostolato in favore della coscienza dei diritti e della volontà di
realizzarli - altro non è che la rabbia inconscia del borghese povero
contro il borghese ricco, del borghese giovane contro il borghese
vecchio, del borghese impotente contro il

borghese potente, del borghese piccolo contro il borghese grande. E'
un'inconscia guerra civile - mascherata da lotta di classe - dentro
l'inferno della coscienza borghese. (Si ricordi bene: sto parlando di
estremisti, non di comunisti). Le persone adorabili che non sanno di
avere diritti, oppure le persone adorabili che lo sanno ma ci rinunciano
- in questa guerra civile mascherata - rivestono una ben nota e antica
funzione: quella di essere carne da macello. Con inconscia ipocrisia,
essi sono utilizzati, in primo luogo, come soggetti di un transfert che
libera la coscienza dal peso dell'invidia e del rancore economico; e, in
secondo luogo, sono lanciati dai borghesi giovani, poveri, incerti e
fanatici, come un esercito di paria »puri , in una lotta
inconsapevolmente impura, appunto contro i borghesi vecchi, ricchi,
certi e fascisti.

Intendiamoci: lo studente greco che qui ho preso a simbolo era a tutti
gli effetti (salvo rispetto a una feroce verità) un »puro anche lui,
come i poveri. E questa »purezza ad altro non era dovuta che al
»radicalismo che era in lui.

Paragrafo terzo

Perché è ora di dirlo: i diritti di cui qui sto parlando sono i »diritti
civili che, fuori da un contesto strettamente democratico, come poteva
essere un'ideale democrazia puritana in Inghilterra o negli Stati Uniti
- oppure laica in Francia - hanno assunto una colorazione classista.
L'italianizzazione socialista dei »diritti civili non poteva fatalmente
(storicamente) che volgarizzarsi. Infatti: l'estremista che insegna agli
altri ad avere dei diritti, che cosa insegna? Insegna che chi serve ha
gli identici diritti di chi comanda. L'estremista che insegna agli altri
a lottare per ottenere i propri diritti, che cosa insegna? Insegna che
bisogna usufruire degli identici diritti dei padroni. L'estremista che
insegna agli altri che coloro che sono sfruttati dagli sfruttatori sono
infelici, che cosa insegna? Insegna che bisogna pretendere l'identica
felicità degli sfruttatori. Il risultato che in tal modo eventualmente è
raggiunto è dunque una identificazione: cioè nel caso migliore una
democratizzazione in se

nso borghese. La tragedia degli estremisti consiste così nell'aver fatto
regredire una lotta che essi verbalmente definiscono rivoluzionaria
marxista-leninista, in una lotta civile vecchia come la borghesia:
essenziale alla stessa esistenza della borghesia. La realizzazione dei
propri diritti altro non fa che promuovere chi li ottiene al grado di
borghese.

Paragrafo quarto

In che senso la coscienza di classe non ha niente a che fare con la
coscienza dei diritti civili marxistizzati? In che senso il Pci non ha
niente a che fare con gli estremisti (anche se alle volte, per via della
vecchia diplomazia burocratica, li chiama a sé: tanto, per esempio, da
aver già codificato il Sessantotto sulla linea della Resistenza)? E'
abbastanza semplice: mentre gli estremisti lottano per i diritti civili
marxistizzati pragmaticamente, in nome, come ho detto, di una
identificazione finale tra sfruttato e sfruttatore, i comunisti, invece,
lottano per i diritti civili in nome di una alterità. Alterità (non
semplice alternativa) che per sua stessa natura esclude ogni possibile
assimilazione degli sfruttati con gli sfruttatori. La lotta di classe è
stata finora anche una lotta per la prevalenza di un'altra forma di vita
(per citare ancora Wittgenstein potenziale antropologo), cioè di
un'altra cultura. Tanto è vero che le due classi in lotta erano anche -
come dire? - razzialmente diverse. E in rea

ltà, in sostanza, ancora lo sono. In piena età dei consumi.

Paragrafo quinto

Tutti sanno che gli »sfruttatori quando (attraverso gli »sfruttati )
producono merce, producono in realtà umanità (rapporti sociali). Gli
»sfruttatori della seconda rivoluzione industriale (chiamata altrimenti
consumismo: cioè grande quantità, beni superflui, funzione edonistica)
producono nuova merce: sicché producono nuova umanità (nuovi rapporti
sociali). Ora, durante i due secoli circa della sua storia, la prima
rivoluzione industriale ha prodotto sempre rapporti sociali
modificabili. La prova? La prova è data dalla sostanziale certezza della
modificabilità dei rapporti sociali in coloro che lottavano in nome
dell'alterità rivoluzionaria. Essi non hanno mai opposto all'economia e
alla cultura del capitalismo un'alternativa, ma, appunto, un'alterità.
Alterità che avrebbe dovuto modificare radicalmente i rapporti sociali
esistenti: ossia, detta antropologicamente, la cultura esistente. In
fondo il »rapporto sociale che si incarnava nel rapporto tra servo della
gleba e feudatario, non era poi molto diver

so da quello che si incarnava nel rapporto tra operaio e padrone
dell'industria: e comunque si tratta di »rapporti sociali che si sono
dimostrati ugualmente modificabili. Ma se la seconda rivoluzione
industriale - attraverso le nuove immense possibilità che si è data -
producesse da ora in poi dei »rapporti sociali immodificabili? Questa è
la grande e forse tragica domanda che oggi va posta. E questo è in
definitiva il senso della borghesizzazione totale che si sta verificando
in tutti i paesi: definitivamente nei grandi paesi capitalistici,
drammaticamente in Italia. Da questo punto di vista le prospettive del
capitale appaiono rosee. I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano
in fondo molto simili ai bisogni primari. I bisogni invece che il nuovo
capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e
artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo capitalismo non si
limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d'uomo: ma l'umanità stessa.
Va aggiunto che il consumismo può creare dei »r

apporti sociali immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto
del vecchio clericofascismo un nuovo tecnofascismo (che potrebbe
comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi antifascismo), sia, com'è
ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia
edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa
realizzazione, cioè, dei diritti civili. In ambedue i casi lo spazio per
una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all'utopia o al
ricordo: riducendo quindi la funzione dei partiti marxisti ad una
funzione socialdemocratica, sia pure, dal punto di vista storico,
completamente nuova.

Paragrafo sesto

Caro Pannella, caro Spadaccia, cari amici radicali, pazienti con tutti
come santi, e quindi anche con me: l'alterità non è solo nella coscienza
di classe e nella lotta rivoluzionaria marxista. L'alterità esiste anche
di per sé nell'entropia capitalistica. Quivi essa gode (o per meglio
dire, patisce, e spesso orribilmente patisce) la sua concretezza, la sua
fattualità. Ciò che è, e l'altro che è in esso, sono due dati culturali.
Tra tali due dati esiste un rapporto di prevaricazione, spesso, appunto,
orribile. Trasformare il loro rapporto in un rapporto dialettico è
appunto la funzione, fino a oggi, del marxismo: rapporto dialettico tra
la cultura della classe dominante e la cultura della classe dominata.
Tale rapporto dialettico non sarebbe dunque più possibile là dove la
cultura della classe dominata fosse scomparsa, eliminata, abrogata, come
dite voi. Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte le
forme, alterne e subalterne, di cultura. E' ciò che avete fatto voi in
tutti questi anni, specialmen

te negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne
di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più
lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto
umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto.
Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è
tutto dire - di fascisti.

Paragrafo settimo

I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. Ora, dire
alterità è enunciare un concetto quasi illimitato. Nella vostra mitezza
e nella vostra intransigenza, voi non avete fatto distinzioni. Vi siete
compromessi fino in fondo per ogni alterità possibile. Ma una
osservazione va fatta. C'è un'alterità che riguarda la maggioranza e
un'alterità che riguarda le minoranze. Il problema che riguarda la
distruzione della cultura della classe dominata, come eliminazione di
una alterità dialettica e dunque minacciosa, è un problema che riguarda
la maggioranza. Il problema del divorzio è un problema che riguarda la
maggioranza. Il problema dell'aborto è un problema che riguarda la
maggioranza. Infatti gli operai e i contadini, i mariti e le mogli, i
padri e le madri costituiscono la maggioranza. A proposito della difesa
generica dell'alterità, a proposito del divorzio, a proposito
dell'aborto, avete ottenuto dei grandi successi. Ciò - e voi lo sapete
benissimo - costituisce un grande pericolo. Per voi - e voi

sapete benissimo come reagire - ma anche per tutto il paese che invece,
specialmente ai livelli culturali che dovrebbero essere più alti,
reagisce regolarmente male. Cosa voglio dire con questo? Attraverso
l'adozione marxistizzata dei diritti civili da parte degli estremisti -
di cui ho parlato nei primi paragrafi di questo mio intervento - i
diritti civili sono entrati a far parte non solo della coscienza, ma
anche della dinamica di tutta la classe dirigente italiana di fede
progressista. Non parlo dei vostri simpatizzanti... Non parlo di coloro
che avete raggiunto nei luoghi più lontani e diversi: fatto di cui siete
giustamente orgogliosi. Parlo degli intellettuali socialisti, degli
intellettuali comunisti, degli intellettuali cattolici di sinistra,
degli intellettuali generici (...)

Paragrafo ottavo

So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile.
Se no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto - in un momento di
giusta euforia delle sinistre - quello che per me è il maggiore e
peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel
prossimo futuro. Una nuova »trahison des clercs : una nuova
accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto;
un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova
qualità di vita. Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo
quinto: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti
sociali espressi dal nuovo modo di produzione »creando come contesto
alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di
falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili . Ora,
la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una
marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili
rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo d

i sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un
intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del
proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in
sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli
impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante
dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge
di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri
chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile
adesione intascando una invisibile tessera. Contro tutto questo voi non
dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi
stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili.

Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti,
ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi
col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.

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