Friday, March 04, 2005

Convertiti sulla via di Bagdad


Convertiti sulla via di Baghdad,
ecco altri antibushiani assaliti
dalla realtà del medio oriente


Ripensamenti:
Il Foglio, 4 marzo 2005, pag 1



Altri ripensamenti. Altri antibushiani
assaliti dalla realtà del medio oriente.
Nuovi neo neocon convertiti, come si dice,
sulla via di Damasco un mese dopo le elezioni
in Iraq e il successivo vento democratico
che si è diffuso in medio oriente. La
madre di tutte le conversioni è quella del
leader libanese Walid Jumblatt, un signore
che nell’ottobre del 2003, quando Paul
Wolfowitz scampò a un attentato a Baghdad,
disse: “Speriamo che la prossima volta
gli spari siano più precisi ed efficaci, così
ci potremmo liberare di questo microbo
e di gente come lui che a Washington
diffonde disordine nelle terre arabe, in
Iraq e in Palestina”. Un paio di giorni fa, il
23 febbraio, lo stesso Jumblatt al Washington
Post ha detto: “E’ strano che sia io a dirlo,
ma questo cambiamento è cominciato a
causa dell’invasione americana dell’Iraq”;
“Ero scettico sull’Iraq. Ma quando ho visto
gli iracheni votare, tre settimane fa, in otto
milioni, ho capito che era l’inizio di un nuovo
mondo arabo. Il popolo siriano, quello
egiziano, tutti danno segno che qualcosa sta
cambiando. E’ caduto il muro di Berlino. Il
fatto è sotto i nostri occhi”.
“Una domanda si aggira negli Stati liberal
d’America: George W. Bush può avere
ragione?”.
Fred Kaplan, Slate, 2 marzo 2005
“Dobbiamo affrontare la realtà che l’invasione
dell’Iraq ha intensificato la pressione
per la democrazia in medio oriente”;
“L’invasione dell’Iraq guidata
dagli Stati Uniti ha cambiato
il calcolo nella regione.
Chi protesta in Libano
certamente è stato incoraggiato
dal sapere che la Siria
è sotto pesante pressione,
con gli Stati Uniti e la Francia
uniti nel chiedere il
suo ritiro”. “Dovremmo
ammettere che la nuvola
nera della guerra in Iraq potrebbe
aver portato con sé un
aspetto positivo. Possiamo continuare
a sostenere che la guerra era sbagliata, illegale,
disonesta e troppo costosa in termini
di vite umane – e che il suo principale risultato,
la rimozione di Saddam, poteva essere
raggiunto con altri mezzi. Ma dobbiamo
essere grandi abbastanza per ammettere
che potrebbe aver avuto almeno un buon
risultato”; “Non possiamo cadere nella
trappola di opporci alla democrazia in medio
oriente semplicemente perché la vogliono
Bush e Blair. Qualche volta il nemico
del tuo nemico non è il tuo amico”.
Jonathan Freedland, The Guardian,
2 marzo 2005
“I credenti assistono alla Messa come
prima, e non hanno assolutamente paura”;
“La situazione a Baghdad è molto migliorata
poiché l’esercito iracheno controlla
tutta la zona e cattura ogni giorno sempre
più terroristi”.
Andraos Abouna, vescovo ausiliare caldeo
a Baghdad, 2 marzo 2005
“Al di là del conflitto israelo-palestinese,
la volontà americana di diffondere la democrazia
in medio oriente è stata rafforzata
dai successi delle elezioni in Afghanistan,
in Iraq e in Palestina”.
Pierre Rousseli, Le Figaro, 1° marzo
“Gli otto milioni di iracheni che sono andati
a votare, i palestinesi che hanno sostenuto
in modo schiacciante il cessate il fuoco
con Israele e le decine di migliaia di libanesi
che hanno marciato e occupato il
centro di Beirut si sono dimostrati tutti più
potenti degli assassini e dei kamikaze”
Washington Post, editoriale dal titolo “Un
tiranno messo all’angolo”, 3 marzo 2005
“Le elezioni in Iraq sono state portate
anche dagli americani… ma le donne che
hanno votato sono le stesse donne di Porto
Alegre... su questo non c’è dubbio”.
Fausto Bertinotti a “Otto e mezzo”, 1° marzo

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