Wednesday, March 23, 2005

Un pasticcio costituzionale

Dal riformista

Quella approvata ieri al Senato è una pessima riforma costituzionale.
Aggraverà la disunione di uno stato che già a fatica riesce a funzionare
nel dedalo di autonomie e di poteri, cui si aggiungono ora nuove potestà
esclusive delle regioni. Aggraverà la confusione istituzionale nella
formazione delle leggi, con effetti perversi sulla democrazia
rappresentativa ed esponendo il processo legislativo al ricatto di
lobby, gruppi di pressione, corporativismi locali. Lungi dal determinare
la dittatura della maggioranza che Prodi paventa, provocherà il suo
opposto, non meno pericoloso: l'indebolimento, fino al limite
dell'incapacità, dell'azione del governo. Ne viene infatti fuori una
forma di governo che sembra davvero il vestito di Arlecchino, tanto per
dare qualcosa a ciascuna componente della maggioranza, e che non
somiglia neanche lontanamente a un nuovo e più moderno assetto
istituzionale di cui pure la seconda repubblica aveva ed ha urgente
bisogno.
Il modo in cui il parlamento è arrivato a questo esito è poi altrettanto
preoccupante. Mai come in questo caso il golfo che divide maggioranza da
opposizione è stato così ampio. Quando l'opposizione diserta il voto,
espone il tricolore polemicamente, e annuncia di voler spazzare via le
nuove norme con un referendum popolare, è evidente che la finalità
stessa del dettato costituzionale - fissare regole del gioco valide per
tutti e accettate da tutti - è andata a farsi benedire.
Chi, come noi, ha sempre polemizzato con il conservatorismo
istituzionale che alberga e spesso prevale nel centrosinistra - ci ha
fatto piacere che sia Prodi che D'Alema abbiano ieri ricordato che
l'Ulivo è pur sempre e originariamente favorevole al premierato forte -
non può non rilevare che lo scontro cercato dalla maggioranza per dare
soddisfazione a Bossi è il modo peggiore di procedere in queste materie.
Esattamente come la riforma del Titolo V ad opera dell'Ulivo, fatta in
finale di legislatura, fu il modo peggiore e più pasticciato di
affrontare il tema del decentramento istituzionale. Di questo passo si
disfa la vecchia Italia (bene) senza farne una nuova (malissimo). Di
questo passo si va a un referendum che - questo sì - spaccherà l'Italia
tra nord e sud, tra destri e sinistri. Di questo passo si conferma
l'anomalia dell'Italia, dannazione di una transizione che non finisce
mai e che non trova mai una classe dirigente degna di questo nome in
grado di farla finire.

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