[Sgrena] Le nostre scuse alle due simone
MANIFESTO.
Le nostre scuse alle due Simone
Non c'è bisogno di essere pacifista e tantomeno antiamericano per
chiedere spiegazioni chiare e altrettanto chiare assunzioni di
responsabilità, come ha fatto del resto lo stesso Berlusconi, di
fronte alla morte di Nicola Calipari e al ferimento di Giuliana
Sgrena. Né c'è bisogno di essere appassionati di dietrologia per
attribuire l'incidente - ripetiamo: l'incidente - innanzitutto a un
problema politico. Come ampiamente noto, americani e britannici non
trattano con i sequestratori. Ritengono infatti che così li si
rafforzi politicamente, ma soprattutto temono - a ragione - che con i
soldi del riscatto vengano acquistati i mitra e i fuoristrada con cui
verranno rapite le Giuliana Sgrena di domani o i mortai con cui
verranno uccisi altri soldati americani. E' una posizione che si può
condividere o meno, ma che certo non può destare scandalo in chi
difese a spada tratta - e secondo noi giustamente - la linea della
fermezza dinanzi ai terroristi delle Brigate rosse e persino dinanzi
al sequestro dell'allora presidente della Dc. Ci sarebbe anche da
discutere se non sia venuto il momento, ora che nessun ostaggio
italiano è nelle mani dei banditi, di decidere il ritorno alla linea
della fermezza per il futuro.
Il tragico incidente in cui ha perso la vita Nicola Calipari è molto
probabilmente il frutto delle incomprensioni, degli equivoci e delle
scarse o tardive informazioni scambiate tra alleati diffidenti a causa
di questo dissenso politico a monte. Questa ci sembra una realistica e
razionale fotografia dell'accaduto, rispetto a cui stridono invece
parole sconcertanti come quelle che abbiamo letto in questi giorni sul
manifesto.
Rossana Rossanda parla di «omicidio preventivo», di un «assassinio che
finirà per passare come preterintenzionale», ma soprattutto afferma
che «Giuliana non è stata così vicina alla morte durante il sequestro
quanto sotto la sparatoria americana». Poi la stessa Giuliana Sgrena
ha scritto di non considerare nemici i rapitori, mentre ne racconta
con toni inquietanti la premura nell'invitarla a fare attenzione ai
cattivi americani. Un rovesciamento dei ruoli tanto più singolare nel
momento in cui si unisce al cordoglio per la morte di un agente del
Sismi, perché accetta il rapimento di innocenti come strumento
legittimo in guerra. Senza arrivare alla tesi del complotto, risibile
se non nascesse dalle viscere del pregiudizio antiamericano, tutte le
parole sull'agguato premeditato dei soldati Usa e sull'animo nobile
dei sequestratori ci inducono a fare autocritica per aver avuto da
ridire, in passato, sulle parole e i gesti di Simona Pari e Simona
Torretta appena liberate, delle quali solo ora cogliamo appieno
l'intelligente senso della misura e il severo contegno. Vogliano
accettare le nostre più sentite scuse.
Da Il Riformista
Le nostre scuse alle due Simone
Non c'è bisogno di essere pacifista e tantomeno antiamericano per
chiedere spiegazioni chiare e altrettanto chiare assunzioni di
responsabilità, come ha fatto del resto lo stesso Berlusconi, di
fronte alla morte di Nicola Calipari e al ferimento di Giuliana
Sgrena. Né c'è bisogno di essere appassionati di dietrologia per
attribuire l'incidente - ripetiamo: l'incidente - innanzitutto a un
problema politico. Come ampiamente noto, americani e britannici non
trattano con i sequestratori. Ritengono infatti che così li si
rafforzi politicamente, ma soprattutto temono - a ragione - che con i
soldi del riscatto vengano acquistati i mitra e i fuoristrada con cui
verranno rapite le Giuliana Sgrena di domani o i mortai con cui
verranno uccisi altri soldati americani. E' una posizione che si può
condividere o meno, ma che certo non può destare scandalo in chi
difese a spada tratta - e secondo noi giustamente - la linea della
fermezza dinanzi ai terroristi delle Brigate rosse e persino dinanzi
al sequestro dell'allora presidente della Dc. Ci sarebbe anche da
discutere se non sia venuto il momento, ora che nessun ostaggio
italiano è nelle mani dei banditi, di decidere il ritorno alla linea
della fermezza per il futuro.
Il tragico incidente in cui ha perso la vita Nicola Calipari è molto
probabilmente il frutto delle incomprensioni, degli equivoci e delle
scarse o tardive informazioni scambiate tra alleati diffidenti a causa
di questo dissenso politico a monte. Questa ci sembra una realistica e
razionale fotografia dell'accaduto, rispetto a cui stridono invece
parole sconcertanti come quelle che abbiamo letto in questi giorni sul
manifesto.
Rossana Rossanda parla di «omicidio preventivo», di un «assassinio che
finirà per passare come preterintenzionale», ma soprattutto afferma
che «Giuliana non è stata così vicina alla morte durante il sequestro
quanto sotto la sparatoria americana». Poi la stessa Giuliana Sgrena
ha scritto di non considerare nemici i rapitori, mentre ne racconta
con toni inquietanti la premura nell'invitarla a fare attenzione ai
cattivi americani. Un rovesciamento dei ruoli tanto più singolare nel
momento in cui si unisce al cordoglio per la morte di un agente del
Sismi, perché accetta il rapimento di innocenti come strumento
legittimo in guerra. Senza arrivare alla tesi del complotto, risibile
se non nascesse dalle viscere del pregiudizio antiamericano, tutte le
parole sull'agguato premeditato dei soldati Usa e sull'animo nobile
dei sequestratori ci inducono a fare autocritica per aver avuto da
ridire, in passato, sulle parole e i gesti di Simona Pari e Simona
Torretta appena liberate, delle quali solo ora cogliamo appieno
l'intelligente senso della misura e il severo contegno. Vogliano
accettare le nostre più sentite scuse.
Da Il Riformista
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