[Moldova] Vince il comunista occidentale
Il Riformista. martedì 8 marzo 2005
ELEZIONI VORONIN PIACE ALL'UE. VOTO REGOLARE, NON C'È STATA UNA SECONDA
UCRAINA
La Moldova premia il comunista che guarda all'Europa
È una vittoria di misura, quella che domenica in Moldova ha riconfermato
nelle urne delle elezioni parlamentari (le quinte dall'indipendenza
dall'Urss, conquistata nel 1991) il partito comunista del presidente
Vladimir Voronin, che domina a larga maggioranza il parlamento di
Chisinau dal 2001. Voronin, il comunista che ha rotto con Mosca e guarda
alla Ue come unica via di salvezza per il proprio piccolo paese -
bollato spesso dai media occidentali come «il più povero d'Europa» - ha
conquistato il 46% delle preferenze degli elettori. Sono usciti invece
battuti i suoi avversari, riuniti nel blocco di opposizione "Moldova
democratica" capeggiato dal sindaco della capitale Serafim Urechean
(arrivato a un buon 28,4%); il Partito Popolare dei cristiano
democratici (definiti "di destra") può dire, dal canto suo, di essere
salito fino al 9% dei consensi. I cristiano-democratici sono quelli che
strizzano l'occhio alla Romania, prossima all'ingresso in Europa, con la
quale condividono lingua e cultura. Fra i compiti più importanti del
nuovo parlamento vi sarà l'elezione del presidente: per incoronarlo
occorre il 60% dei consensi, ma il gruppo di Voronin da solo non ci
arriva. Sarà dunque necessaria un'alleanza strategica. Ma con chi?
Urechean, che nelle ultime settimane ha mostrato di sperare in un'onda
arancione anche per la Moldavia, ha dichiarato che non intende certo
scendere a compromessi.
Le elezioni sono state definite «regolari» dalla commissione elettorale
centrale: è stata così sventata l'ipotesi di una "seconda Ucraina",
nonostante alcune irregolarità denunciate dall'Osce, l'organizzazione
che, con le proprie denunce di brogli, era stata all'origine della
rivoluzione partita dalle piazze di Kiev nel dicembre scorso. Uno
scenario di quel tipo non è ripetibile dalle parti di Chisinau, aveva
continuato a dire Voronin nelle settimane precedenti il voto, mettendo
in guardia l'opposizione da ogni tentativo sfruttare eventualmente la
piazza nel dopo-voto. Il leader è stato affiancato, nel prevenire
disordini, dalla comunità internazionale, che più di tutto teme un
sovvertimento del delicato equilibrio moldavo, e per questo ha preferito
smorzare i toni. Anche se una certa tensione pre-elettorale, in verità,
si era registrata pochi giorni prima del voto, quando Voronin stesso
aveva rifiutato di accogliere sul proprio territorio osservatori
elettorali di Russia e Bielorussia, fino ad espellere un centinaio di
cittadini russi nella sola notte di sabato. Ma senza gravi conseguenze.
Soddisfatta dei risultati, in fondo, è Bruxelles, che non desidera
ulteriori turbolenze in un'area tanto delicata come quella in cui è
inserita la piccola Moldova, cerniera tra la nuova Europa e l'ex impero
sovietico, che oggi continua a scricchiolare nelle sue province e
appendici un tempo fedeli: prima la Georgia, poi l'Ucraina, in avvenire,
forse, la più blindata e compatta Bielorussia.
Ma anche a Chisinau, oggi, la stabilità politica è quanto mai necessaria
per risollevare il paese dalla spaventosa crisi economica in cui il
paese è sprofondato dopo la guerra civile del 1992. E mentre da un lato
la Moldova ha bisogno assoluto degli investimenti di Mosca, dall'altro
guarda speranzosa a Bruxelles, che però è ancora però troppo lontana a
causa degli catastrofici standard economici e politici che si registrano
nel paese: l'intralcio maggiore sulla strada verso l'Europa è la
Transnistria governata da Igor Smirnov, la piccola regione separatista
ribelle a Chisinau e protetta da Mosca, dove prosperano commerci
illeciti di armi, droga, esseri umani. I cittadini moldavi hanno scelto
dunque di continuare ad appoggiare il proprio leader, che sembra aver
voltato le spalle a Mosca e puntare verso Bruxelles, pur tra pesanti
difficoltà economiche e sociali. Non ha sfondato, dall'altra parte,
un'opposizione che, pur dicendosi filo-occidentale, conserva un
atteggiamento ambiguo verso Mosca, della quale ha accettato l'appoggio
in quest'ultima campagna elettorale.
Ai nuovi membri del parlamento eletti spetta ora un difficile compito di
equilibrismo: tra la necessaria partnership economica con Mosca (i cui
rifornimenti energetici sono vitali per la debole economia moldava) e la
volontà di avvicinarsi agli standard europei. L'Europa, comunque, resta
ancora molto lontana da Chisinau. Anche se un quarto dei suoi cittadini
l'ha già raggiunta, emigrando in massa verso l'Unione (Italia in testa)
in cerca di miglior vita.
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